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Il burkini è un costume da bagno che veste completamente il corpo della donna, tranne volto, mani e piedi. Ma a partire dalla polemica nata in Francia nell'agosto 2016, come per altre forme di visibilizzazione dell'islam - ad esempio hijab (il velo), la moschea, il minareto -, è diventato l'ennesimo simbolo del conflitto culturale che separerebbe islam e occidente. Analizzare il dibattito cui ha dato inizio, prendendo spunto dalle diverse posizioni espresse (laica, femminista, islamica, anti-islamica, fino a quelle di altre comunità religiose), diventa quindi un modo per capire il posto dell'islam nelle società europee. Il burkini diventa così una metafora dell'inclusione (o dell'esclusione), delle sue difficoltà, dei suoi problemi e della capacità che abbiamo di risolverli, delle differenze accettabili e di quelle inaccettabili. A partire da ciò che nasconde: il corpo delle donne. Abbiamo deciso di prendere sul serio quella che avrebbe potuto essere rubricata come una banale polemica estiva: sviscerandola nei suoi vari aspetti, partendo dalle argomentazioni, le opposizioni e le provocazioni di tutti (femministe, laiche e laiciste, politiche, culturali, religiose, incluse ovviamente quelle islamiche), cercando di trarne qualche insegnamento che ci consenta di rapportarci meglio, in futuro, con la presenza islamica in Europa. Senza i cedimenti sui valori paventati da qualcuno.